lunedì 5 aprile 2021

Apples (Μήλα), regia di Christos Nikou


 Apples
sceneggiatura di Stavros Raptis e Christos Nikou
regia di Christos Nikou

visto il 5/4/2021 su MioCinema

presenti:
smartphone selvaggio con display da 5'' felice di ricevere messaggi fastidiosi 
durante la scena madre.
tamburo magari yoruba che cerca un lasciapassare nel silenzio della zona rossa.
il trono della visione interrotta: lo streaming ti incorona Signore del Tempo (per 48 ore), ma l'omino che proietta il fascio di luce è cinema, lo streaming un surrogato senza l'abracadabra.

Cavalcano  l'onda "weird" (secondo la definizione datata 2011 di Steve Rose del "Guardian" che l'ha coniata dopo la visione di "Attenberg" e di "Kynodontas") il regista Christos Nikou che di Lanthimos è stato assistente (secondo assistente, in "Kynodontas") e il co-sceneggiatore Stavros Raptis (l'amico del L/oser Servetalis nel film di Babis Makridis) con una scrittura profetica che ha preso il via nel 2015 e un budget di 250 mila euro.
È pandemia, ma di amnesia. 
In Grecia, terra di colonnelli e di austerity; la terra del muro di sinistra che noi compagni smarriti abbiamo contribuito ad erigere con la nostra speranza, per ritrovarci alla fine con dei mattoni che non riconoscevamo più.
Questo è un microcosmo con un respiro universale dove il termine "bizzarro" ha il sapore della semplificazione perché gli ingredienti sono molteplici e ben dosati: la bolla appartata a gravità zero, l'inespressività della solitudine e la distopica sanità dedita alla ricostruzione delle personalità. 
L'ellissi non è solo un vettore narrativo (risulta determinante anche per le azioni del protagonista), geometrica la gestione dello spazio, simmetrica la composizione del quadro (linee rette e il sapiente uso della profondità di campo) e per ricreare il ritmo sincopato basta il suono della testa che picchia contro il muro.
Il trauma è indotto (così comanda il sadico medico, shock intenzionale come cura), per la testimonianza vintage (io sono qui ora, è l'impatto a rendermi vivo) la polaroid, ma l'intenzione è attuale: schiavi del selfie autocelebrativo e non importa se l'era è analogica o digitale.
Un uomo senza futuro non ha altra scelta se non quella di ricostruirsi un passato, ma il dolore non consente l'allontanamento fittizio o la ricomposizione dei frammenti psichici senza una reale elaborazione del ricordo e neppure l'ambizioso programma "Nuova Identità" con la dottoressa che propone la partecipazione ad una contestazione (senza molotov tende a precisare) come primo passo verso la rinascita, può dare forma all'argilla senza il soffio vitale dell'autodeterminazione.
Il signor Nessuno, senza l'esperienza come appiglio, può essere riconosciuto (e se riconoscimento non è, indubbiamente è una reazione) solo dal cane (del vicino).
Aris Servetalis sottrae sempre magnificamente da sé stesso con una variegata gamma di sottotoni e una gestualità trattenuta (che si scarica nel rapporto con l'oggetto: mela, armadio, le fonti di luce e il trampolino) che esplode solo grazie al twist: non il twist era previsto nel copione ma "Billie Jean" (secondo il racconto fornito da Nikou a MioCinema), ma a causa dell'elevato costo dei diritti la scelta è ricaduta su "Let's Twist Again". 
Il low budget del cinema greco, una costrizione endemica che libera l'ingegno, tonifica il grottesco e danza sulla stratificazione: è inutile dare un nome alla schiuma dell'onda, è necessario immergersi nella Crisi e poi cercare l'equilibrio sulla tavola da surf.