giovedì 18 aprile 2024

"Ennio Doris - C'è anche domani", regia di Giacomo Campiotti

 

 

"Ennio Doris - C'è anche domani"
scritto da Carlo Mazzotta e
 Giacomo Campiotti  
regia di Giacomo Campiotti  

visto il 15/4/2024 al Multisala
 Reposi di Torino 

presenti:
11 spettatori in una sala da 
300 posti.
la pioggia che, per il dolby, deve necessariamente 
assumere proporzioni bibliche.
un anziano che, probabilmente, 
si sente solo: con 289 posti a disposizione sceglie la poltroncina accanto alla mia.

"Cos'è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?"
Bertolt Brecht 
               
                                                  

PSYCHO KILLER (QU'EST-CE QUE C'EST) 

"Io ti salverò" urla Esselunga e senza limitarsi alla comparsata hitchcockiana; in questo momento, mentre cerco di circuire le mot juste per questo testo, Rai5 propone "I nostri fantasmi" di Alessandro Capitani: Michele Riondino (il disoccupato Valerio nel film) vittima dell'emergenza abitativa torinese - domani mattina ci sveglieremo a Torino con lo sgombero delle case occupate di Borgo San Paolo, a dimostrazione dell'inutilità della denuncia cinematografica - ma l'insistito product placement della catena di supermercati (l'attrice israeliana Hadas Yaron interpreta il ruolo di una cassiera nel beatificato punto vendita di Rivalta) è lì per ricordarci che non dobbiamo avere paura: Esselunga ci proteggerà. Inutile ricordare - al cinema delle lobby non interessa - i 5 morti e i 3 feriti nel cantiere di Firenze; la somministrazione illecita di manodopera, il sistematico sfruttamento dei lavoratori ed i fittizi contratti d'appalto che hanno portato al sequestro di quasi 48 milioni di euro nei confronti dell'azienda da parte della Procura di Milano e per restare a Torino - città delle anime reiette scelta da "I nostri fantasmi" - la cementificazione di un'area verde (il giardino Artiglieri da Montagna in zona Cit Turin) nonostante svariati tentativi di greenwashing per mezzo di spot televisivi. È talmente stretto il legame tra la famiglia Caprotti e l'audiovisivo che, nella prima edizione del Premio Film Impresa del 2023 (creazione di Unindustria per raccontare "i valori delle aziende italiane e dei suoi lavoratori"), il premio speciale è stato conferito a Giuseppe Tornatore per il corto del 2011 "Il mago di Esselunga": un lavoro di 16 minuti girato in 35mm con il cameo del patron di Esselunga, Bernardo Caprotti, nei panni di un panettiere.

LA STRETTA DI MANO TRA SANT'ENNIO E SAN SILVIO AD ARCORE

Nel 2016, nei giorni dell'uscita italiana di "El desconocido" - distribuito nelle nostre sale con il titolo "Desconocido - Resa dei conti" - in una conversazione su Messenger con il regista del film Dani de la Torre, avevo spiegato perché il suo lavoro, in Italia, non avrebbe potuto trovare, agevolmente, dei finanziamenti per la produzione: "El desconocido" - sceneggiato da Alberto Marini, torinese emigrato in Spagna - affronta l'argomento delle Participaciones Preferentes (PPR), "azioni privilegiate" ad alto rischio vendute dalle banche spagnole agli ignari clienti. A parte poche eccezioni - penso al lavoro di Rossetto e Bugaro "Effetto Domino" e al successivo "The italian banker" sul crac di una banca popolare; al "Cento domeniche" di Antonio Albanese che, per bocca del suo autore, "Non è un film contro le banche - il Sistema Cinema italiano è genuflesso ai potentati economici. Nel maggio del 2023, Intesa San Paolo ha annunciato l'investimento di 5 mld di euro per il sostegno dell'industria cinematografica e della produzione audiovisiva italiana e ha fornito i numeri del "Desk specialistico": supporto finanziario alla produzione di oltre 580 opere tra film e serie nazionali/internazionali e 150 tra spot pubblicitari, factual e format tv; UniCredit ha finanziato il settore nel 2023, attraverso il Desk Audiovisual, con oltre 300 mln di euro, di cui 100 mln nei primi nove mesi del 2023, con un raddoppio dei volumi rispetto allo stesso periodo del 2022; BNL e Gruppo BNP Paribas hanno salvato dalla chiusura, nel 2021, la storica sala romana "Azzurro Scipioni" di Silvano Agosti con una partnership quinquennale e restaurato - sempre a Roma - il Cinema Troisi gestito dall'associazione Piccolo America. Non stupisce, quindi, che "Retribution" - remake di "El desconocido" del 2023 diretto da Nimród Antal - sia una coproduzione francese, spagnola e statunitense con l'Italia più interessata a produrre, con i finanziamenti pubblici del Ministero della Cultura, l'agiografia di Ennio Doris (e contestualmente del socio in Banca Mediolanum, Silvio Berlusconi). La santificazione di "Belluscone", per dirla con Maresco, è in atto da tempo: dal lutto nazionale alle bandiere a mezz'asta; dal francobollo commemorativo alla docuserie - targata Netflix - "Il Giovane Berlusconi" celebrativa come il francobollo (mentre "Loro" di Sorrentino viene censurato da Mediaset), per concludere con la scelta di Forza Italia di utilizzare, per le prossime elezioni europee, il nome dell'ex presidente nel simbolo. Nel film "Ennio Doris - C'è anche domani", tratto dal libro autobiografico del fondatore di Mediolanum, Arcore non è la dimora del bunga-bunga (oppure il luogo per ospitare Mubarak e la nipote Ruby) ma l'apoteosi del self-made man, il tempio sacro dove si celebra il rito della stretta di mano tra il "consulente globale" Doris e Berlusconi: l'afflato poetico del vento birichino che si insinua nei progetti del banchiere (Sant'Ennio e San Silvio raccolgono felici i fogli sparsi sul prato della villa); gli insegnamenti paterni con i giuramenti fondati sullo sputo nelle mani callose; la vita, l'amore e le mucche dell'operoso Veneto che trasmigrano nello yuppismo vanziniano; yacht e aperitivi a Portofino per far gongolare i tifosi del cineturismo e la Film Commission Liguria; il telemarketing impiastricciato con manuali di autostima; l'immancabile "famiglia tradizionale", vero baluardo delle destre, come motore narrativo e fulcro della società. 122 minuti di pura agonia e comicità involontaria finanziati, è doveroso ripeterlo, con i soldi pubblici.

GREED IS GOOD/ARNER BANK

Nel libro inchiesta dei giornalisti Paolo Mondani e Paola Di Fraia - pubblicato nel 2011 - "Soldi di famiglia", vengono raccontati particolari inediti sulla genesi e la gestione della Arner Bank: "Una piccola banca svizzera i cui interessi spaziano dalla Sicilia delle speculazioni criminali alle grandi speculazioni milanesi e da lì fino ai più inviolabili paradisi fiscali, come l'isola di Antigua. Una banca sconosciuta che annovera tuttavia tra i suoi correntisti personaggi come Ennio Doris, Stefano Previti e, soprattutto, Silvio Berlusconi, titolare del conto numero uno. Attraverso questo conto Berlusconi gestisce una gran parte del patrimonio personale e della sua famiglia, e da questo stesso conto muove milioni di euro secondo traiettorie misteriose, e tuttavia interessanti per le procure di Milano e Palermo". Tra i soci fondatori di Banca Arner figura Paolo Del Bue, co-imputato con l'ex presidente Berlusconi nel processo sulla compravendita dei diritti tv Mediaset e protagonista nella vicenda Mills: l'avvocato inglese che aveva creato le società off shore del gruppo Fininvest; nel 2014 viene condannato in via definitiva per il crac Parmalat l'avvocato - vicino a Comunione e Liberazione - Paolo Sciumè, ex membro del CdA Mediolanum entrato nell'inchiesta per il riciclaggio contestato all'Arner Bank; nel 2018 è stata confermata dalla Cassazione la sanzione inflitta dalla Banca d'Italia al Senatore della Lega, Claudio Borghi, "per irregolarità consistenti in carenze nell'erogazione e nel controllo del credito": Borghi era componente del CdA di Banca Arner, messa sotto ispezione da Bankitalia nel 2013. Per tornare al mondo Mediolanum, nell'estate del 2023 il Governo Meloni annuncia la tassa sugli extraprofitti delle banche: la misura viene approvata dal Consiglio dei Ministri il 7 agosto e prevede una tassa del 40% sulla maggiorazione del margine di interesse realizzato nel 2023 rispetto all'anno precedente. Meloni annuncia nella sua rubrica social "Gli appunti di Giorgia" che le risorse recuperate serviranno per aiutare "famiglie e imprese". Il vicepremier Salvini dichiara che gli introiti (ipotizzando entrate per alcuni miliardi) serviranno per i mutui sulla prima casa e per un taglio delle tasse. Il 15 settembre 2023, a margine dell'assemblea di Confindustria, Marina Berlusconi (con Fininvest controlla il 30% della Banca Mediolanum) dichiara di avere "grandi perplessità sulla tassa extraprofitti" ritenendola "demagogica e rischiosa perché rende il Paese meno attrattivo per gli investitori esteri" e auspica che "il Parlamento possa riformulare la norma rendendola più equilibrata". Dieci giorni dopo l'intervento di Marina Berlusconi, e delle pressioni di Forza Italia, il Governo presenta un emendamento che permette alle banche di scegliere se versare allo Stato la tassa, oppure destinare un importo pari a due volte e mezzo il suo valore per rafforzare il patrimonio: UniCredit, Intesa San Paolo, BPM, MPS, BPER, Credem, Mediobanca, MCC e Mediolanum hanno scelto la seconda opzione. Per concludere: dalle "entrate miliardarie" previste dal vicepremier Salvini al "gettito zero"; per Banca Mediolanum un aumento del dividendo che è salito da 0,24 a 0,28 per azione, con un risparmio di circa 27 milioni di euro grazie alla retromarcia del Governo.



 
               
              

domenica 24 marzo 2024

Anatomia di una caduta (Anatomie d'une chute), regia di Justine Triet


 ANATOMIA DI UNA CADUTA 
scritto da Justine Triet e 
Arthur Harari 
regia di Justine Triet 

visto il 22/3/2024 su MUBI 

presenti:
ventidue gradi che fanno di Torino, oggi, la città più calda d'Italia.
la versione originale con i sottotitoli: quale arzigogolata soluzione avranno escogitato, nell'edizione italiana, per rispettare il bilinguismo dei dialoghi?

DA SAUL BASS A 50 CENT
"Dimmi cosa vedi" chiede Daniela Brogi su doppiozero, richiamando, nell'analisi sul lavoro di Justine Triet, la celebre locandina realizzata da Saul Bass per "Anatomia di un omicidio", il film di Otto Preminger del 1959.
Sì possono aggiungere, alla riflessione della Brogi, la scelta francese di distribuire la pellicola di Preminger con il titolo "Autopsie d'un meurtre" - più invasivo dell'internazionale "Anatomy of a Murder" - e la rievocazione grafica - datata 1995 - di "Clockers", il film di Spike Lee dove al corpo vuoto e frammentato di Saul Bass vengono aggiunti dei fori di proiettile.
Singolare è un altro dettaglio che lega l'opera del regista afroamericano al film della Triet: Lee aveva dichiarato che nelle sue intenzioni "Clockers" sarebbe dovuto diventare "(...) l'ultimo chiodo nella bara del gangsta rap"; un G-rap che torna nella diegesi di "Anatomia di una caduta" con "P.I.M.P." del rapper 50 Cent in versione strumentale. E sarà proprio l'assenza della parte vocale - pimp è una parola dello slang americano per indicare il magnaccia - argomento di discussione nel tribunale filmico per determinare la possibile misoginia di Samuel Maleski.

SAMUEL MALESKI: IL CORPO (IN)VISIBILE
"Dimmi cosa NON vedi", quindi, nel passaggio dalla segmentazione di Bass al Maleski - portato sullo schermo da Samuel Theis - che offre carne e sangue nell'immagine scelta per rappresentare il film. Sam è uno scrittore frustrato, che ha deciso di unire in matrimonio le sue fragilità con la rabbia, e padre del piccolo Daniel che, nonostante sia ipovedente, sceglie di non guardare l'assenza di respiro del genitore: così, nella locandina, si mostra Daniel. E la sua cecità ha il potere di resuscitare il minimalismo dell'uomo tratteggiato da Bass, che non suscitando empatia rimuove ogni forma di appartenenza.
L'ultimo sguardo sulla tragedia - con occhi che, non a caso, ricordano quelli di Daniel - appartiene al cane guida Messi (nel film ribattezzato Snoop), il border collie che arricchisce un meccanismo narrativo stratificato e chirurgico che, a tratti, sembra assumere il profilo di una terapia di coppia; Arthur Harari (qui in veste di attore e co-sceneggiatore) è il compagno di Justine Triet e possiamo immaginare il percorso doloroso - forse catartico - che hanno dovuto affrontare, mano nella mano, per descrivere l'abisso della violenza domestica: una "caduta dell'amore" nella quale noi siamo, sapientemente, lasciati senza la vista come Daniel, perché la brutalità non supera mai il confine del fuori campo.
Samuel Maleski è caduto: suicidio, omicidio oppure tragica fatalità?
Mentre sfuma la terza ipotesi - il dualismo ideologico come specchio dei tempi - è la contrapposizione tra deuxième étage e troisième a decidere il futuro di Sandra Voyter - l'intensa Sandra Hüller, tedesca ma cosmopolita per vocazione, migliore attrice EFA 2023 e premio César 2024.
Scrittrice di successo la Voyter - il tormento e l'estasi nell'atto dello scrivere, il conflitto tra creazione e trascrizione e il precipizio del fallimento, sono la le cifre stilistiche più affascinanti del film - costretta allo sradicamento della lingua, alla prigione innevata (la Savoia che nel 2030 verrà snaturata dai deliri olimpici) e tormentata dai fantasmi, che trascinano catene infinite, del compagno. A Sandra non resta che aggrapparsi - salvezza speculare a quella cercata dal piccolo Daniel nella madre, per distogliere il non sguardo dal corpo senza vita di Samuel - all'amico e avvocato Vincent (riusciremo a vedere in Italia "Tant que le soleil frappe", dopo il César vinto da Swann Arlaud?), affinché la caduta non possa diventare fatale anche per lei e Daniel.

MESSI NON HA VINTO SOLTANTO IL PALLONE D'ORO 
Palm Dog al Festival di Cannes del 2023 - tredici anni dopo il Premio Speciale della Giuria per un altro border collie, il Vuk protagonista nel film di Frammartino "Le quattro volte" - Messi ha calamitato l'attenzione durante la cerimonia degli Oscar 2024: un'edizione che ha premiato con la statuetta "Anatomia di una caduta" per la migliore sceneggiatura originale e ha registrato la sconfitta, nella categoria miglior film in lingua straniera, dell'Africa proposta da Matteo Garrone e purtroppo sponsorizzata dal greenwashing targato Enel.
Nella stessa categoria di "Io capitano", il comitato di selezione francese ha preferito virare verso "La Passion de Dodin Bouffant" che non è riuscito ad entrare nella shortlist: il lavoro della Triet sembra aver pagato per la più che giustificata critica dell'autrice - dal palco di Cannes in occasione della vittoria della Palma d'Oro - alla riforma macroniana delle pensioni e alla repressione messa in atto dal governo neoliberista per soffocare le contestazioni popolari.



domenica 5 marzo 2023

Tutto in un giorno (En los márgenes), regia di Juan Diego Botto


 Tutto in un giorno
scritto da Juan Diego Botto e 
Olga Rodriguez 
regia di Juan Diego Botto 

visto il 3/3/2023 al Cinema Nazionale 
di Torino

presenti:
una decina di teste variopinte 
308 posti disponibili 

Sono molto ansioso che lei veda "Umberto D". De Sica ha fatto senza dubbio un bel film. Per la parte che mi riguarda ho cercato di essere ancora più semplice e essenziale del solito. Sarà comunque uno spettacolo un po' duretto per il pubblico.
(Lettera di Zavattini a Bazin, Roma 29 dicembre 1951)

È stato detto in questo dopoguerra che la cinematografia deve realisticamente configurarsi al vero, non rappresentando una società irreale, bugiarda e caramellata. Principio in se accettevole per un tipo di produzione, ma sempre con il limite dell'equilibrio, di oggettività e di proporzioni senza del quale ci si perde nelle vie disgregatrici dello scetticismo e della disperazione.
(Giulio Andreotti, 28 febbraio 1952 in "Libertas")

Il pacchetto anticrisi varato nel dicembre 2022 dal governo spagnolo, prevede un congelamento degli sfratti per sei mesi delle famiglie vulnerabili e la proibizione del distacco delle utenze domestiche essenziali.
Misure, quindi, che cercano di tutelare le fragilità - totalmente assenti nell'azione politica del governo Meloni che ha dichiarato guerra alle occupazioni abitative e azzerato per il 2023 i fondi per gli affitti e la morosità incolpevole - ma comunque insufficienti a contrastare, come denunciato dalla Plataforma de Afectados por la Hipoteca (PAH) - movimento anti-sfratti cofondato dalla Sindaca di Barcellona Ada Colau, l'azione speculativa dei fondi come Cerberus e Blackstone.
Cerberus è un fondo di investimento connesso al Partito Repubblicano americano e gestito totalmente dal figlio dell'ex presidente Aznar: con l'acquisto di tutto l'attivo immobiliare del Banco Bilbao Vizcaya Argentaria del 2019 ha compiuto una delle operazioni di compravendita più grandi nella storia della Spagna.
Per quanto riguarda Blackstone, il colosso finanziario statunitense accusato dall'ONU nel 2019 di violare il diritto all'abitare, è notizia di questi giorni di una inadempienza pari a 531 milioni di euro che rischia di innescare una reazione a catena sul mercato immobiliare simile alla crisi dei subprime scoppiata alla fine del 2006.
I "fondi avvoltoio" come vengono chiamati in Spagna, Cerberus e Blackstone, sono attivi anche in Italia: un articolo datato 7 ottobre 2021 di Napoli Monitor, lancia un giustificato grido d'allarme per l'acquisizione di occupazioni come Communia - nelle ex-officine Piaggio di San Lorenzo a Roma, e lo Spin Time di via Santa Croce in Gerusalemme sempre nella Capitale.
È su questo terreno, irto di insidie, che cercano di muoversi i protagonisti di "Tutto in un giorno" - titolo italiano che prende maldestramente le distanze dall'originale "En los márgenes" e dall'inglese "On the fringe".
Al lavoro dell'argentino naturalizzato spagnolo Juan Diego Botto, opera prima in concorso alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, bastano pochi minuti per aggiornare il risveglio di Maria Pia Casilio in "Umberto D.", frammento di cinema celebrato da André Bazin nel 1952 sui "Cahiers du Cinéma" per la costruzione empatica del "tempo reale": il risveglio di Azucena - l'intensa Penélope Cruz è precisa anche nel tratteggiare l'oscurità, frantuma la poetica del quotidiano con la rabbia scaricata sull'oggetto, una moka che sostituisce il macinino per il caffè sul grembo gravido di Maria Pia Casilio.
"Ni gente sin casa, ni casas sin gente" urla l'opera di Botto, senza il timore di denunciare il carattere predatorio delle banche - tema pressoché assente nel cinema italiano, dove però è facile imbattersi nelle soluzioni "specifiche ed innovative" del Desk Media e Cultura di Intesa Sanpaolo.
Il mondo diegetico dei media è la felice scelta drammaturgica per raccontare l'inevitabile oppressione e alla voce atona del decreto salva-banche e dell'aumento del debito pubblico, si oppone l'energica verità di tre personaggi inghiottiti da una Madrid frenetica e spietata: Azucena lotta contro lo sfratto esecutivo e seleziona la sua alimentazione in base al consumo di gas, Rafa tenta con difficoltà di conciliare le esigenze della famiglia con la sua professione di avvocato attivista e Germán, manovale precario, non riesce ad affrontare la perdita della casa dell'anziana madre.
Alberto Elvira nel 2022 si è suicidato a Barcellona, la città di Ada Colau, durante lo sgombero di un palazzo di proprietà del Comune in un quartiere, il Bon Pastor, masticato da una gentrificazione promossa anche dalla Sindaca e contrastata soltanto dagli attivisti e dalle attiviste di Avis - Infoaut del 7 giugno 2022. 
Sono i movimenti dal basso l'unica tutela del diritto all'abitare, è la tesi, più che condivisibile, di "Tutto in un giorno": un percorso assembleare come superamento e condivisione del trauma, che non prevede una partecipazione sterile ma una solidarietà attiva esercitata frapponendo il corpo al capitalismo selvaggio.

mercoledì 15 giugno 2022

I tuttofare (Sis dies corrents), regia di Neus Ballús



I tuttofare
scritto da Neus Ballús, Margarita Melgar e Pau Subirós
regia di Neus Ballús

visto il 14/6/2022 al cinema Eliseo di Torino 

presenti:
384 posti e sono l'unico spettatore per un incasso totale di 5 euro.
lo schermo sostiene che il cinema è "contro la guerra" ma non rende nota la sua posizione sull'invio di armi.
la sincronicità: mentre osservo il cartello "solidarietà all'Ucraina" qualcuno legge "Il complesso militar-cinematografico" uscito oggi su Jacobin Italia.

Ogni cinema che mira a un rapporto stretto con i gravi problemi dell'uomo moderno, fa del neorealismo, partecipa a questo movimento coi modi propri.
Il neorealismo è ormai la coscienza del cinema. A questo punto uno ha voluto sapere che cosa s'intende per concreto; rispondo che concreto vuol dire concreto e sto per passare oltre ma con questi occhi addosso devo essere preciso e dico che concreto è il contrario di quel generico amore del prossimo che a qualcuno sembra il sufficiente scopo del cinematografo; a Parma, dissi, indicai come fonte d'ispirazione i volumi dell'inchiesta parlamentare sulla miseria e sulla disoccupazione poiché attraverso quelle cifre patite, frutto di un tempo reale dato ai tempi degli altri, si entra in un nuovo mondo, un mondo appunto concreto che invoca solidarietà urgente e concreta, ramifichiamo nella vera vita degli altri, che non vuol dire parlare solo di miseria, di disoccupati, di pensionati, di malati e di scioperi.
(Cesare Zavattini e la nascita del nuovo cinema cubano: incontro con i giovani cineasti - L'Avana 31 dicembre 1953)

Il deserto dell'Eliseo Grande è la rappresentazione di quanto sia vincente, a Torino, l'accoppiata cinema-lavoro: il Premio Cipputi del Torino Film Festival, legato ai temi del mondo del lavoro, cancellato nel 2020 per "problemi di budget" e il rifiuto di Ken Loach, nel 2012, di ritirare un premio - al TFF - per solidarietà nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici della cooperativa Rear.
Dopo dieci anni, purtroppo, la Rear è ancora sinonimo di working poor e sfruttamento: è dello scorso maggio il comunicato del "Collettivo BiblioCoop UniTo" che ha denunciato una sorta di "cottimo spurio" da parte della cooperativa. "Mi riconosci", invece, ha spiegato come funziona il "Sistema Rear" nei musei veronesi: un ribasso del 29,50% per ottenere l'appalto e paghe di 5 euro lordi l'ora per la guardiania non armata. 
Nel 2020, l'anno dell'eliminazione del Premio Cipputi, a Torino è nato l'ennesimo festival cinematografico: "Job Film Days" che vuole trattare "le tematiche del lavoro e dei diritti" ma la presenza, tra i vari partner pubblici e privati di CGIL, CISL e UIL può soltanto risultare indigesta a chi realmente lotta per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
È delicata e paziente, l'opera di Neus Ballús - regista catalana classe '80 - che sceglie attori non professionisti - metodo già sperimentato nell'opera prima "La plaga" del 2013 - per la sua commedia "I tuttofare" in concorso alla 74a edizione del Festival di Locarno. 
Un "cinema del pedinamento" come quello teorizzato da Leo Longanesi - prima di Cesare Zavattini - nell'articolo "Sorprendere la realtà" del 1936, dove proponeva un cinema - evocando in parte l'iconoclastia vertoviana - "in grado di cogliere in fallo situazioni che, riportate sullo schermo, rivelano gli infiniti segreti della nostra società; un documentario sulla vita degli anonimi con scene reali riprese da un operatore che giri per le strade con la cinepresa a cogliere verità che nessun attore potrebbe recitare, fatte costume dall'abitudine e dalla pratica".
La Ballús, figlia di un idraulico  - in Italia sono pochi i registi cresciuti in un ambiente proletario - sceglie di effettuare migliaia di provini a lavoratori specializzati e dopo aver scelto Mohamed Mellali e Valero Escolar - a Locarno vincitori ex equo del premio per il miglior attore - decide di "pedinarli", per due anni, nella loro quotidianità.

Barcellona, oggi. Il giovane elettricista marocchino Moha (Mohamed Mellali) deve convincere lo scontroso Valero (Valero Escolar), l'idraulico che ha in mano il suo futuro, di avere le capacità necessarie per essere assunto.
È la voice-over di Moha, puntuale e organica alla narrazione, che arricchisce l'invisibile e crea un ponte con i "frammenti di un discorso lavorativo" che si sviluppano nella casa domotica  come nel fatiscente alloggio del centenario. 
Tubi di piombo e tubi di rame, fili marroni e derivazioni, si scontrano con la lotta quotidiana di un migrante per essere accettato.
Non sono i bambini a guardarci ma i muri scrostati della periferia con una scelta stilistica precisa della Ballús di sussurrare, più che di intonare: con una struttura solida è abile a non cadere nel tranello della verticalità (auto)imposta e non sente l'esigenza di quel surrogato di pathos ormai tratto distintivo non soltanto dei tempi televisivi.
Il vil denaro non viene mai menzionato e con molta probabilità l'assenza risulta l'operazione più poetica e sovversiva: se il girovita è un problema insormontabile, carovita, inflazione e salari da fame non sono in grado di deprimerci.

martedì 12 aprile 2022

Scompartimento N.6 - In viaggio con il destino (Hytti nro 6), regia di Juho Kuosmanen

 


Scompartimento N.6 - In viaggio con il destino   

scritto da Andris Feldmanis, Livia Ulman, Lyubov Mulmenko (dialoghi russo), Juho Kuosmanen  

regia di Juho Kuosmanen

visto l'11/4/22 su CHILI 

presenti:
il 15 che sbuffa
una dodecafonia canina
un tizio sul marciapiede che parla della Pellerina 
CHILI la piattaforma preferita da Franceschini, ma ItsArt è tutt'altro che un successo 

La ragazza si tolse il berretto liberando i capelli, che si sciolsero ondeggiando sulle spalle, e si unì alla lunga coda allegra che si era formata tra due ringhiere davanti ad un tabaccaio, l'uomo invece a quella ciarliera e litigiosa dei giornali.
Comprò la Pravda e la Literaturnaja Gazeta, e ricevette come resto un chewing-gum duro come il muro, di marca Lolek, fabbricato nella DDR.
Dopo un lungo negoziato la ragazza riuscì ad acquistare sigarette Prima e senza filtro Bajkal. Per qualche arcano motivo il venditore si era rifiutato di venderle le Belomorkanal, nonostante ne avesse uno scaffale pieno.
Quando le ebbe in mano, il russo girò e rigirò il pacchetto delle Prima, con l'immagine di una navicella spaziale.
"Le Bajkal puzzano di piscio di cane. Le Prima sanno di merda di cavallo e di Brežnev, le Belomorkanal, invece, hanno il gusto autentico di papà Stalin"
(Scompartimento N.6 - Rosa Liksom
Iperborea 2014)

Irina (rimasta sola, in preda alla disperazione)
A Mosca! A Mosca! A Mosca!
Sipario
(Tre sorelle - Anton Ĉechov)


Gran Premio Speciale della Giuria al 74esimo Festival di Cannes, basato sull'opera omonima - il sottotitolo "In viaggio con il destino" è un'invenzione della BIM distribuzione che fortunatamente non ha trovato seguaci nel resto del mondo - di Rosa Liksom, della quale trattiene, con cura, soltanto l'incontro sul treno di una ragazza finlandese con un operaio russo.
La Transiberiana della Liksom, trait d'union euro-asiatico, lascia il posto al viaggio verso Murmansk (la più grande città del mondo posta a nord del Circolo polare artico) e l'azione viene spostata dagli anni '80 alla fine degli anni '90 con una datazione possibile grazie all'osservazione di piccoli particolari: Laura - un'intensa Seidi Haarla - cattura l'attimo con la sua handycam a cassettine, riempie lo spazio con il suo walkman e cita, sul relitto di una nave a Murmansk, il "Titanic" di Cameron, un'esistenza magnetica prima dell'invasione digitale.
"Vojage Vojage" cantava Desireless: il movimento della nota extradiegetica, la rotazione dei tempi perduti per recuperare il nastro della musicassetta e le piccole oscillazioni dell'anima sono la base per quel "Falso Movimento" che solo una dolorosa introspezione permette di ribattezzare "fuga".
È l'oscillazione del treno che provoca l'avvicinamento impercettibile di Ljoha - l'operaio di Jurij Borisov mostra il talento di uno dei migliori giovani attori sulla piazza, sperando che la russofobia non intacchi le sue opportunità lavorative - oppure un movimento volontario?
Perché sono i microgesti, il ritratto sfumato - anche Laura usa la matita come strumento di conoscenza del volto e quindi del mondo- che impreziosiscono il lavoro di Kuosmanen, la distanza che si annulla con l'accettazione della diversità e l'abbattimento del Muro: se per Liksom i mattoni raccontavano la storia di una dissoluzione, con una pungente analisi più antropologica che politica sull'ex URSS prima della frammentazione, per Kuosmanen la disgregazione geografica è già una mappa intima e quindi da esplorare con partecipazione emotiva sorretta da un occhio clinico.
È uno sguardo che pretende Laura, non quello distante della compagna Irina, che durante il viaggio compagna non lo è più: ora, per lei, ci sono gli occhi di uno sconosciuto che si avvicina lentamente, ma forse è solo una lieve oscillazione del treno. 
Laura non studia archeologia - come erroneamente riportato in alcune sinossi italiane - ma vuole vedere i petroglifi, insiste sulla conoscenza del passato come strategia per comprendere il presente ma del suo percorso non sappiamo nulla - la ragazza di Liksom non ha un nome ma una strada lastricata dalla follia dell'ex compagno Mitka - Kuosmanen sceglie di sostituire la fragilità e i petali rossi di Garšin con Pelevin ma lascia intatta la purezza di Ljoha e la sua assenza di sovrastrutture che Jurij Borisov incarna con efficacia grazie ad un meraviglioso lavoro di sottrazione.







 

 

                        

 

 

 

 

 


 

 

 




mercoledì 29 dicembre 2021

I GIGANTI, regia di Bonifacio Angius


I GIGANTI 
scritto da Bonifacio Angius e Stefano Deffenu
regia di Bonifacio Angius 

visto il 28/12/2021 su CHILI

presenti:
la snervante messa in pausa dello streaming su CHILI: non si diventa la piattaforma preferita da Franceschini senza merito.
il 15 che sferraglia.
una giornata uggiosa senza mutandine rosa ma con la vita mal spesa che scorre sullo schermo   

"Mio padre diceva che ero una capretta ansiosa di precipizi"
Maria Lai

Non c'è la montagna ma ci sono i giganti e "La Scalogna" nel terzo lungometraggio di Bonifacio Angius, unico film italiano in concorso a Locarno 2021 e distribuito in sala nello scorso autunno dalla società  "Il Monello Film" fondata dal regista, con scarso successo di pubblico.
Cinque uomini, lo sballo come fine ultimo della creazione, in un casolare lontano da Dio e dagli uomini fanno a pugni con il loro passato: flashback didascalici, porto abusivo di voice over e a tratti una meccanicità drammaturgica in uno spazio che però non rischia mai il banale, grazie allo sguardo empatico che non scade nel giudizio e ad una anarchia visiva, marchio di fabbrica del regista autodidatta, che riesce ad attutire le cadute.
Angius, che nel film scrive con le ombre e firma il montaggio, si ritaglia la parte di un loser che seduto sull'unto sofà cita il "lacchè rimpinguato" di Majakovskij e seziona la discesa nell'abisso dei tempi pandemici con solitudini che si scontrano per la loro incapacità di ascolto: contro il pessimismo paralizzante servirebbero gli Anticorpi e qui ci sono, con Pino, ma non bastano ad esorcizzare le gabbie dell'immobilità.
E poi non rimase nessuno, come nella filastrocca (o forse sì se vogliamo adiagiarci sul mistero), i giganti non sono quelli di Mont'e Prama evocati da Riccardo (il convincente Riccardo Bombagi), non c'è nulla di eroico nella loro autodistruzione, sono corpi che soffrono senza incontrarsi, che tentano di abbattere le distanze con la violenza: urla, pistole e strangolamenti poco credibili (senza cercare la perfezione kieslowskiana del Decalogo 5 ma risulta artefatta l'assenza di reazione), con un'autoassoluzione (vanamente inseguita se consideriamo lo iato tra intenzione e azione dei personaggi e la tragedia che bussa alla porta), più che centrata se leggiamo il bollettino di guerra dei femminicidi, che qui assume i contorni cupi della misoginia.
Il kammerspielfilm di B.A. cade a tratti nella trappola della retorica, abbozza derive psichiche meritevoli di maggior stratificazione e perde il sentiero della semplicità cercando di inerpicarsi, con chiodi arrugginiti, sulla vetta dell'autorialità ma è incisivo quando accarezza l'irrazionalità del mito con pennellate oniriche riuscendo a mantenere intatta l'organicità del racconto e la purezza d'intenti.




giovedì 19 agosto 2021

The Miracle of the Sargasso Sea (To thávma tis thálassas ton Sargassón), regia di Syllas Tzoumerkas


 The Miracle of the Sargasso Sea
sceneggiatura di Youla Boudali e Syllas Tzoumerkas
regia di Syllas Tzoumerkas 

visto il 18/08/2021 su MUBI

presenti:
la débâcle della distribuzione italiana che spinge il sostenitore della visione collettiva tra le braccia sudaticce delle piattaforme.
un sole dispettoso che trova il pertugio per ricordarti che lo streaming domestico è soggetto ai capricci del caso.
l'assenza del buio che permette la fuga dal flusso emotivo: sull'altro schermo (non tentarmi, non ti guardo) l'uomo che cade non è DeLillo ma la jetée talebana (adesso i talebani sparano sui manifestanti a Jalalabad: Chris Marker non è l'unico in grado di viaggiare nel tempo).

Crime drama denso - lo scheletro narrativo ha le ossa forti ma sconta la mancanza di organicità nei cambi di registro; non è la spinta propulsiva del motore a difettare ma l'alta viscosità dell'olio tra gli ingranaggi - il lavoro di Tzoumerkas, che si avvale della scrittura di Youla Boudali già co-sceneggiatrice di "Homeland" e "A Blast" (qui anche in veste di co-protagonista), si conferma un efficace cinema dei corpi: con una interessante contrapposizione tra libertà anarchica e coercizione imposta da una società deviata e digressioni oniriche dissacranti sul corpo sacro.
Atene 2006: violenze sbirresche nel covo degli anarchici e minacce costruite a tavolino (l'anarchico è un profeta innocente per Tzoumerkas), per trasferire la scomoda poliziotta Elisabeth - Angeliki Papoulia è lo scoglio che permette all'Ondata Greca, qui non Weird, di infrangersi sullo spettatore con potenza - nella piccola Missolungi, la città delle anguille, dell'assedio e di Lord Byron.
Missolungi 2016: è lo spazio soffocante nel quale si muove Rita (Youla Boudali, non sempre convincente) in cerca di libertà con la sua motocicletta, succube di un fratello luciferino e di pulsioni aggressive piccole-borghesi che trovano rifugio nella pornografia homemade - quindi una oggettività estrema e una carne senza concetto se vogliamo ricordare Bene.
Rita eviscera le anguille per lavoro e desacralizza con il sogno: "I've Been Loving You Too Long" brano di Ottis Redding - qui nella versione di Ike e Tina Turner, a puntellare con chiodi visionari una potente Naïftività.

-pausa sigaretta: il vantaggio dello streaming

è un sogno dentro un sogno (che potrebbe non essere un sogno, ammoniva Cormac McCarthy) con un riuscito rimbalzo tra l'irrealtà onirica di Rita e la dura realtà di Elisabeth - a capo di una piccola stazione di polizia dopo il trasferimento accettato obtorto collo, dove gli abusi nei confronti dei sospettati sono gli stessi dei colleghi ateniesi.
Di miracoloso c'è solo il viaggio delle anguille verso il Mar dei Sargassi, il resto è solo cupa violenza verso uomini e animali, un landscape oppressivo - l'occhio del drone è svincolato da una mera funzione descrittiva per diventare costruttore di recinti - nel quale la purezza e la speranza trovano dimora soltanto nel figlio adolescente di Elisabeth.
Tzoumerkas ha contestato, con solide argomentazioni grazie ad una lettera manifesto, l'etichetta appioppata (Greek Weird Wave) dal critico Steve Rose sul "The Guardian" al nuovo cinema greco: non è la "stranezza" il fil rouge che lega i lavori dei cineasti ellenici ma un passato che deve fare i conti con la Pasokification e il debito pubblico, con Oreste e la crisi economica.
Un "cinema della rabbia e della vendetta" quindi, che trova l'acme nell'omicidio, un delitto senza castigo che sfrutta la duplicità dell'oggetto: la catena lega, la catena libera.