L'ingrediente segreto (Iscelitel)
scritto e diretto da Gjorce Stavreski
visto al Cinema Massimo di Torino il 29/8/2019
presenti:
una quindicina di spettatori
l'ombra di un traliccio(?) che invade fastidiosamente lo schermo
il proiezionista che accende le luci quando il film non è ancora terminato
io che sussurro parolacce al proiezionista
il fantasma di Kubrick che mi sussurra: "In questa sala un mio film non l'avrei mai proiettato"
Puoi trovare nella battuta del padre di Vele il segreto e l'ingrediente del film: "In questo Paese tutto finisce prima di cominciare".
E le medicine aumentano di 30 euro da una settimana all'altra e adesso ti tocca sborsare più di 100 euro per una confezione.
E l'alternativa è l'acqua "omeopatica" preparata dal santone del quartiere che costa 25 euro e puoi trovarla in farmacia nel reparto "disperati senza soldi per i farmaci tradizionali".
E il tuo capo non può pagarti gli arretrati perché la crisi azzanna pure la sua fabbrica o almeno questa è la sua versione quando ti offre 3 euro.
E tu sei praticamente fottuto perché:
1) gli spacciatori ti massacrano di botte perché hai osato invadere il loro territorio
2) tua madre e tuo fratello sono morti
3) tuo padre è malato di cancro e guidava l'automobile sulla quale sono morti tua madre e tuo fratello
4) sei nato per respirare l'aria di Skopje la Bastarda
Quando nasci balcanico il sangue ha il colore della sofferenza e la densità della genialità folle: Vele (Blagoj Veselinov è mostruosamente bravo per come impasta farina, tempi comici e l'intenso sguardo della sconfitta dello sconfitto in partenza), trova la soluzione nella soffice torta al gusto marijuana offerta al padre con l'inganno (meglio non parlare di THC con un genitore che a parole è più proibizionista di Gasparri); il problema è che la marijuana l'ha rubata e i derubati non sono contenti, il problema è che adesso è lui il nuovo santone del quartiere perché l'acqua miracolosa è acqua passata e tutti, ma proprio tutti, vogliono la ricetta della torta stupefacente.
Comedy a tratti nera ma non slapstick, le torte colpiscono il cuore e non la faccia, Gjorce Stavreski saltella sulla disperazione senza la necessità delle scarpe chiodate, senza la ricerca affannosa del visivo birignao autoriale e confeziona un lavoro godibile e attento alle dinamiche (neo)realiste, dinamiche che ci appartenevano quando la servetta di Umberto D. sterminava le formiche in cucina con il fuoco, un giornale e un luccichio speranzoso negli occhi e lo sguardo cinematografico osava rispecchiarsi nella povertà, mentre ora l'occhio è spesso offuscato da una cataratta borghese che ammanta di artificiosità e distacco il racconto degli ultimi.