mercoledì 15 giugno 2022

I tuttofare (Sis dies corrents), regia di Neus Ballús



I tuttofare
scritto da Neus Ballús, Margarita Melgar e Pau Subirós
regia di Neus Ballús

visto il 14/6/2022 al cinema Eliseo di Torino 

presenti:
384 posti e sono l'unico spettatore per un incasso totale di 5 euro.
lo schermo sostiene che il cinema è "contro la guerra" ma non rende nota la sua posizione sull'invio di armi.
la sincronicità: mentre osservo il cartello "solidarietà all'Ucraina" qualcuno legge "Il complesso militar-cinematografico" uscito oggi su Jacobin Italia.

Ogni cinema che mira a un rapporto stretto con i gravi problemi dell'uomo moderno, fa del neorealismo, partecipa a questo movimento coi modi propri.
Il neorealismo è ormai la coscienza del cinema. A questo punto uno ha voluto sapere che cosa s'intende per concreto; rispondo che concreto vuol dire concreto e sto per passare oltre ma con questi occhi addosso devo essere preciso e dico che concreto è il contrario di quel generico amore del prossimo che a qualcuno sembra il sufficiente scopo del cinematografo; a Parma, dissi, indicai come fonte d'ispirazione i volumi dell'inchiesta parlamentare sulla miseria e sulla disoccupazione poiché attraverso quelle cifre patite, frutto di un tempo reale dato ai tempi degli altri, si entra in un nuovo mondo, un mondo appunto concreto che invoca solidarietà urgente e concreta, ramifichiamo nella vera vita degli altri, che non vuol dire parlare solo di miseria, di disoccupati, di pensionati, di malati e di scioperi.
(Cesare Zavattini e la nascita del nuovo cinema cubano: incontro con i giovani cineasti - L'Avana 31 dicembre 1953)

Il deserto dell'Eliseo Grande è la rappresentazione di quanto sia vincente, a Torino, l'accoppiata cinema-lavoro: il Premio Cipputi del Torino Film Festival, legato ai temi del mondo del lavoro, cancellato nel 2020 per "problemi di budget" e il rifiuto di Ken Loach, nel 2012, di ritirare un premio - al TFF - per solidarietà nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici della cooperativa Rear.
Dopo dieci anni, purtroppo, la Rear è ancora sinonimo di working poor e sfruttamento: è dello scorso maggio il comunicato del "Collettivo BiblioCoop UniTo" che ha denunciato una sorta di "cottimo spurio" da parte della cooperativa. "Mi riconosci", invece, ha spiegato come funziona il "Sistema Rear" nei musei veronesi: un ribasso del 29,50% per ottenere l'appalto e paghe di 5 euro lordi l'ora per la guardiania non armata. 
Nel 2020, l'anno dell'eliminazione del Premio Cipputi, a Torino è nato l'ennesimo festival cinematografico: "Job Film Days" che vuole trattare "le tematiche del lavoro e dei diritti" ma la presenza, tra i vari partner pubblici e privati di CGIL, CISL e UIL può soltanto risultare indigesta a chi realmente lotta per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
È delicata e paziente, l'opera di Neus Ballús - regista catalana classe '80 - che sceglie attori non professionisti - metodo già sperimentato nell'opera prima "La plaga" del 2013 - per la sua commedia "I tuttofare" in concorso alla 74a edizione del Festival di Locarno. 
Un "cinema del pedinamento" come quello teorizzato da Leo Longanesi - prima di Cesare Zavattini - nell'articolo "Sorprendere la realtà" del 1936, dove proponeva un cinema - evocando in parte l'iconoclastia vertoviana - "in grado di cogliere in fallo situazioni che, riportate sullo schermo, rivelano gli infiniti segreti della nostra società; un documentario sulla vita degli anonimi con scene reali riprese da un operatore che giri per le strade con la cinepresa a cogliere verità che nessun attore potrebbe recitare, fatte costume dall'abitudine e dalla pratica".
La Ballús, figlia di un idraulico  - in Italia sono pochi i registi cresciuti in un ambiente proletario - sceglie di effettuare migliaia di provini a lavoratori specializzati e dopo aver scelto Mohamed Mellali e Valero Escolar - a Locarno vincitori ex equo del premio per il miglior attore - decide di "pedinarli", per due anni, nella loro quotidianità.

Barcellona, oggi. Il giovane elettricista marocchino Moha (Mohamed Mellali) deve convincere lo scontroso Valero (Valero Escolar), l'idraulico che ha in mano il suo futuro, di avere le capacità necessarie per essere assunto.
È la voice-over di Moha, puntuale e organica alla narrazione, che arricchisce l'invisibile e crea un ponte con i "frammenti di un discorso lavorativo" che si sviluppano nella casa domotica  come nel fatiscente alloggio del centenario. 
Tubi di piombo e tubi di rame, fili marroni e derivazioni, si scontrano con la lotta quotidiana di un migrante per essere accettato.
Non sono i bambini a guardarci ma i muri scrostati della periferia con una scelta stilistica precisa della Ballús di sussurrare, più che di intonare: con una struttura solida è abile a non cadere nel tranello della verticalità (auto)imposta e non sente l'esigenza di quel surrogato di pathos ormai tratto distintivo non soltanto dei tempi televisivi.
Il vil denaro non viene mai menzionato e con molta probabilità l'assenza risulta l'operazione più poetica e sovversiva: se il girovita è un problema insormontabile, carovita, inflazione e salari da fame non sono in grado di deprimerci.

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